Dialogo sulla massa relativistica

Elio Fabri

Riprodotto da "La Fisica nella Scuola" 14, 25 (1981)

Ultima revisione: 2-2-07


Com'è detto sopra, questo articolo è apparso in LFnS quasi 20 anni fa. Lo riporto senza nessuna modifica, perché mi pare che nella sostanza i discorsi che facevo allora siano ancora attuali. Solo un chiarimento: il riferimento alla "pastasciutta relativistica" non è inventato: lo si poteva leggere in qualche articolo di uno "scienziato-divulgatore" che già allora imperversava in TV. Le sue iniziali sono A.Z.

Mi è sembrato che l'argomento di questo scritto si prestasse meglio a essere trattato in forma di dialogo. La mia fantasia non è stata in grado di dare un nome ai protagonisti: ci si diverta il lettore, se vuole.

A: So che a te non piace sentir dire che la massa relativistica dipende dalla velocità. Mi vuoi spiegare perché?

B: Comincia tu invece a spiegarmi perché secondo te va bene parlare di variazione della massa con la velocità.

A: D'accordo. In primo luogo mi baso sulla formula dell'impulso:

p = m0 v
  ________
Ö1 - v2/c2
.     (1)
Dalla (1), insieme con la nota relazione p = mv, segue necessariamente
m= m0
  ________
Ö1 - v2/c2
.     (2)

B: Ci converrà introdurre la solita abbreviazione

g = 1
  ________
Ö1- v2/c2
e la (1) si potrà scrivere
p = m0 gv .     (1')
Da questa segue la (2) se si vuole mantenere la relazione p = mv, ma chi ci obbliga a questo? Io preferisco dire che la formula relativistica è
p = m0 u      (3)

dove u = gv è una grandezza relativistica che prende il posto della velocità (tra parentesi, u è la parte spaziale della quadrivelocità).

A: Mi sembra che fin qui sia solo questione di gusti. Ma se è vero che la massa misura I'inerzia, e che nella dinamica relativistica a parità di forza l'accelerazione diminuisce fino a zero quando la velocità si avvicina a c, non dovremo dire che m cresce da m0 a infinito?

B: Qui ti volevo! Tu sai certamente che la forma relativistica della F = ma è molto più complicata: occorre distinguere tra componenti longitudinali e trasversali, che seguono leggi diverse:

Flong = m0 g3 along      (4a)
Ftrasv = m0 gatrasv      (4b)
Dovremo dunque parlare di due masse, una longitudinale e una trasversale (qualcuno lo fa); e solo la seconda cresce come g, Mentre l'altra va come g3. Non è meglio dire che F = ma vale solo al limite di piccole velocità, mentre la forma valida in generale è
F = dp
dt
     (5)

dove p ha l'espressione (3) oppure (1')?

A: Riconosco che questa storia delle due masse da un po' fastidio anche a me. Ricordo ancora il rasoio di Occam: "entia non sunt multiplicanda præter necessitatem."

B: Vedo che anche tu ammetti l'importanza del latino: una bella citazione fa sempre il suo effetto. Ma portami qualche altro argomento per la tua tesi, se ne hai.

A: Sta tranquillo, gli argomenti non mancano. Per esempio, che ne dici dell'equivalenza massa-energia?

B: Ahi, ahi, me l'aspettavo!

A: Perché, tu non credi nemmeno a E = mc2?

B: Non si tratta di credere: quella è una relazione importantissima, in mano a chi ne capisce il significato. Però viene usata così spesso a sproposito, che non mi dispiacerebbe un decreto-legge (fra tanti che se ne fanno) che ne vietasse l'uso senza patente. Ma tu la patente ce l'hai, o almeno spero, perciò prosegui pure.

A: Grazie. Ma non mi sembra di dover aggiungere molto. Se l'energia aumenta, deve aumentare anche la massa...

B: Potresti farmi un esempio di applicazione di E = mc2?

A: Subito. Metti un pezzo di ferro su un fornello a gas. Quando il ferro si scalda, la sua energia aumenta, e così anche la sua massa, anche se di pochissimo.

B: Ottimo esempio; ma non ho capito dove entra la velocità. II ferro non schizza via dal fornello quando è caldo.

A: Siamo serii! Sai benissimo che la velocità è quella degli atomi che costituiscono il pezzo di ferro...

B: Scusa un attimo: vorrei vedere se ho capito. Tu stai supponendo, mi pare, i seguenti fatti:
a) il ferro è composto di atomi
b) la massa del pezzo di ferro è la somma delle masse dei suoi atomi
c) al crescere della temperatura gli atomi si muovono più velocemente, e la loro massa aumenta
d) ergo (latino) anche la massa del pezzo di ferro aumenta.

A: Hai capito benissimo; e poiché sei d'accordo con la conclusione...

B: ... dovrei essere d'accordo con le premesse? "Io non sapeva che tu loico fossi" ma qui come loico sei un po' deboluccio: una conclusione può essere valida anche se le premesse sono sbagliate.

A: E dove sarebbe lo sbaglio?

B: Per spiegartelo, permettimi di cambiare esempio. Hai presenti i mesoni K?

A: Mi sembra che siano particelle della classe degli adroni, di massa circa 974 volte quella dell'elettrone. Ce ne sono diverse specie, sono instabili e hanno svariati modi di decadimento...

B: Va bene, va bene, vedo che ne sai più di me! A noi basta il modo di decadimento più semplice del K0 (neutro). Questo può decadere in due pioni (mesoni p) di cariche opposte e di uguale massa:

K0® p+ + p-.     (6)
Vorresti per favore applicare E = mc2 a questo processo?

A: Facilissimo. Supponiamo che il K0 sia fermo. La massa a riposo dei pioni è circa 273 masse elettroniche. Nel decadimento c'è una diminuzione di massa di 974-2×273 = 428 masse elettroniche: questa massa si converte in energia, che si ritrova come energia cinetica dei prodotti di decadimento. Poiché una massa elettronica equivale a circa 0.51 MeV, ciascuno dei pioni avrà un'energia cinetica di 109 MeV.

B: Molto bene. Niente da dire sui calcoli, ma ci sono due cose che non capisco. La prima è questa: per quanto ne so, la relatività non nega la conservazione dell'energia, anzi la rende anche più generale che nella meccanica newtoniana. Poiché il nostro sistema (il K che decade) è isolato, la sua energia deve restare costante: dunque da dove viene questa energia dei pioni?

A: Ma è proprio così! L'energia totale dei due pioni è la stessa che aveva il K all'inizio: ciascun pione ha 139 MeV per la sua massa a riposo, e 109 MeV di energia cinetica, totale 248 MeV. Per i due pioni fanno 496 MeV. Il K ha una massa di 974 masse elettroniche, equivalenti ancora a circa 496 MeV. Come vedi, I'energia si conserva, solo che ha cambiato forma: da energia di riposo si è in parte convertita in energia cinetica. Per fare un esempio semplice, è come quando mangio un piatto di pastasciutta...

B: Per carità, codesta pastasciutta relativistica lasciala ai divulgatori da strapazzo. Dunque l'energia si conserva: allora parlare di conversione di massa in energia mi sembra che serva più che altro a confondere le idee.

A: A me sembra solo questione d'intendersi.

B: E ti pare poco! Ma ecco il secondo dubbio. Se la massa dipende dalla velocità, i pioni finali avranno una massa maggiore di quella a riposo: non se ne dovrebbe tenere conto?

A: Giusto. Bisognerebbe calcolarla... Debbo prima trovare la velocità...

B: Non ce n'è bisogno. Basta ricordare che l'energia totale di un corpo in moto (energia di riposo più energia cinetica) è

E = m0 gc 2     (7)
cioè proprio la tua massa moltiplicata per c2. La massa di un pione in moto, proveniente da questo decadimento, è dunque 248 MeV...

A: Vedi che anche tu identifichi massa ed energia, al punto di usare le stesse unità!

B: Questa obiezione non è degna di te. Intanto non mi sono mai sognato di negare la stretta connessione di massa ed energia, e poi che c'entrano le unità di misura? Forse energia cinetica e potenziale sono la stessa cosa, perché si misurano con le stesse unità? Ti sentiresti autorizzato a confonderle?

A: Va bene, come non detto. Tornando al K...

B: La massa dei due pioni (la tua massa) è 496 MeV, cioè 974 masse elettroniche, esattamente uguale a quella del K. Dove è finita la conversione di massa in energia?

A: Prima di tutto non mi piace che tu continui a parlare della mia massa, come se io fossi il solo a parlare di massa che dipende dalla velocità. Mi pare che l'idea sia molto antica; ne parlavano gia Lorentz e Abraham prima della relatività...

B: Appunto: è un'idea antica, io direi piuttosto antiquata. Oggi non la troverai in nessun libro dei maggiori: ci sono rimasti attaccati solo i testi divulgativi e (purtroppo) quelli per le scuole secondarie. Io dico la tua massa perché non è la mia, per chiarezza. Ma non menare il can per l'aia: rispondi alla mia domanda!

A: Lasciami pensare... Non avevo mai guardato la cosa da quel punto di vista... Credo di avere capito: la massa m (dipendente dalla velocità) corrisponde all'energia totale della particella; perciò la somma delle masse si conserva nel decadimento, come si conserva l'energia. È solo la somma delle masse di riposo che non si conserva!

B: Mi fa piacere che tu abbia raggiunto questa conclusione. Ma allora devi deciderti: se ci tieni alla massa dipendente dalla velocità, non puoi parlare di conversione di massa in energia. Se invece accetti d'intendere per massa sempre e solo la massa a riposo, allora ci sono casi in cui la somma delle masse non si conserva: ad es. in K0®p+ +p- la somma delle masse a riposo diminuisce e la differenza si ritrova come energia cinetica.

A: E secondo te qual è la soluzione migliore?

B: Mi sembra evidente. La tua massa, dipendente dalla velocità, è solo un altro nome per l'energia, magari con una diversa unità di misura. Perciò io invoco di nuovo il rasoio di Occam, e preferisco non usare due parole diverse per un solo concetto; tanto più che il termine "massa" ha un suo uso specifico, e per di più necessario...

A: Scusa se t'interrompo, ma vorrei tornare al pezzo di ferro: non ho ancora capito dov'era lo sbaglio.

B: Ti rispondo subito; ma lasciami dire un'altra cosa, prima che mi passi di mente. Che mi dici dei fotoni?

A: In che senso?

B: Tutti sanno che i fotoni sono particelle di massa nulla; ora nessun fotone può mai essere fermo, e d'altra parte si sa che un fotone ha energia hn (che non è mai zero). Come si concilia questo con la tua definizione di massa relativistica?

A: Capisco quello che vuoi dire: la mia massa per un fotone non dovrebbe essere mai zero. Effettivamente c'è una contraddizione. Ma tu come la risolvi?

B Non posso risponderti subito; conviene prima tornare al pezzo di ferro riscaldato. Non direi che nel tuo ragionamento ci sia uno sbaglio, ma è chiaro che dopo quello che abbiamo visto bisogna fare una scelta. Se la massa è solo un altro nome per l'energia, quello che tu hai detto va bene; ma poi, come sappiamo, sorgono altre difficoltà. Se invece "massa" è la massa a riposo, allora:
a) non è vero che la massa del pezzo di ferro è la somma delle masse dei suoi atomi;
b) la massa degli atomi non cambia con la velocità.

A: Un momento: su b) potrei anche essere d'accordo, stando al tuo punto di vista; ma che cos'è questa novità che la massa di un oggetto non è la somma delle masse dei suoi costituenti? Dove andiamo a finire di questo passo?

B: Andiamo a finire nella relatività, e in qualcosa di anche più profondo. Ti faccio un altro esempio. Pensa a un reattore nucleare, così ben schermato che non ne esca né radiazione di alcun genere, né calore; e che per di più funzioni a vuoto, cioè senza essere collegato a una turbina o altra macchina: insomma un reattore del tutto isolato dal punto di vista energetico. Ti chiedo: la massa del reattore varia nel tempo o no?

A: Mi sembra un bel pasticcio. Se penso alle reazioni nucleari dentro il reattore, so che una fissione si accompagna a un difetto di massa; perciò la massa dovrebbe diminuire. Però se guardo il reattore nel suo insieme non vedo come la massa possa diminuire senza che il reattore perda energia. Per di più la temperatura nel reattore andrà sempre aumentando...

B: E infatti bisogna assolutamente evitare che un reattore si trovi in quelle condizioni!

A: ... e perciò la massa di tutte le particelle dovrebbe aumentare per l'agitazione termica... Insomma non ci capisco niente.

B: In effetti hai fatto un po' di confusione, mescolando di nuovo i due significati della massa. Se pensiamo solo alla massa a riposo, hai detto due cose giuste:
a) la somma delle masse dei costituenti (nuclei, neutroni, ecc.) va diminuendo: è questo il difetto di massa;
b) la massa del reattore non cambia, perché non cambia la sua energia.
Questo è possibile, e non c'è contraddizione, proprio perché la massa del reattore non è la somma delle masse delle particelle che lo costituiscono.

A: E che cos'è allora?

B: Basta usare E = mc2, scritta così: E0 = m0c2. La massa del reattore, che è fermo, è uguale alla sua energia totale (misurata nel sistema di riferimento in cui è fermo, e tenendo conto di tutte le energie in esso contenute) divisa per c2. Questa energia E0 si può chiamare "energia di quiete" o anche "energia interna."

A: Aspetta: provo a concludere io. Poiché nel tuo esempio E0 non cambia, neanche m0 cambia. Credo di avere capito. Ma così non hai di nuovo identificato massa ed energia? Non mi avevi criticato prima per questo?

B: Infatti. Ma la differenza è questa: io riservo il termine "massa" per l'energia in una particolare situazione, quella di un corpo in quiete. In questo modo la massa (cioè l'energia di quiete, a parte il fattore c2) acquista una proprietà importante: quella di essere un invariante, cioè di non dipendere dal sistema di riferimento, mentre l'energia evidentemente ne dipende.

A: Come può essere invariante la massa del pezzo di ferro, se aumenta quando lo scaldo!

B: Invariante non vuol dire costante nel tempo; vuol dire che la grandezza ha lo stesso valore in qualsiasi sistema di riferimento.

A: Continuo a non capire: se tu stesso hai detto che mi debbo mettere nel riferimento di quiete, significa che il riferimento non è indifferente!

B: Hai ragione: nel desiderio di essere breve sono stato poco chiaro. In effetti non è necessario mettersi nel riferimento di quiete per determinare la massa. Anzi certe volte non è possibile: non posso sempre fermare una particella che attraversa il mio apparato, eppure posso ugualmente trovarne la massa.

A: E come si fa?

B: Prendi la (1') e la (7). Basta un po' di algebra per ricavarne:

E2 - c2 p2 = m2 c4      (8)
che è forse la relazione più importante di tutta la relatività. Con la (8) tu vedi che si può calcolare m0 dalla misura di E e di p. Ma quello che è più notevole, è che se tu ed io ci troviamo in riferimenti diversi troveremo diverse energie e diversi impulsi per lo stesso oggetto, ma a conti fatti la (8) ci darà la stessa massa. È questo che s'intende per invariante.

A: Vedo. E se in particolare io sto nel riferimento di quiete, dove p = 0, misurerò una E0 che vale proprio m0c2. E il caso del fotone?

B: Un fotone ha un'energia hn e un'impulso hn/c: perciò usando la (8) trovi subito m0 = 0. Parlare di massa nulla per i fotoni non vuol dire altro che questo.

A: Il quadro ora mi appare molto più chiaro. Possiamo concludere?

B: Non ancora: vorrei porti un altro problema. Se al posto del reattore di prima pensi un forno a carbone, con la sua riserva di ossigeno, che cosa mi puoi dire?

A: Non vedo il problema: se l'energia non cambia, la risposta è la stessa di prima... Un momento! Questa volta non ci sono reazioni nucleari, perciò E = mc2 non c'entra...

B: Me l'aspettavo. Debbo chiederti scusa per il trabocchetto, ma mi serviva per farti notare un altro luogo comune da sfatare. Vuoi spiegare meglio quello che hai detto?

A: Se ti diverti a prendermi in castagna, non parlo più...

B: Ti ho già chiesto scusa: era solo un espediente dialettico.

A: Accolgo le scuse, ma non ci riprovare. So che la fissione nucleare è possibile grazie al difetto di massa, che permette di ottenere prodotti di reazione con notevole energia cinetica; ma in un forno a carbone non si tratta di reazioni nucleari, e non ho bisogno della relatività per spiegarne il funzionamento.

B: Hai ragione e torto nello stesso tempo. Non c'è bisogno della relatività per spiegare una reazione chimica, ma questo non vuol dire che nella combustione del carbone non ci sia difetto di massa: è solo molto più piccolo che nel caso nucleare, ma in linea di principio non c'è nessuna differenza. Quanto alle reazioni nucleari, è vero che il difetto di massa è apprezzabile (dell'ordine dell'uno per mille delle masse in gioco) ma questo è un effetto, non una causa: vuole solo dire che le forze nucleari sono molto più grandi dei legami chimici, e perciò di altrettanto più grandi sono le variazioni di energia nelle reazioni.

A: In altre parole: tu vorresti dire che le bombe atomiche non sono colpa di Einstein.

B: Se ti piace lo stile giornalistico puoi anche metterla così. Certo se Einstein c'entra qualcosa con Hiroshima non è per la relatività: se anche la relatività non fosse stata inventata, questo non avrebbe impedito gran parte degli sviluppi della fisica nucleare, fissione e bombe incluse.

A: Ora potremmo davvero concludere. Però...

B: Però?

A: Mi dispiace di dover rinunciare all'additività della massa. Dopotutto, I'idea che la materia sia fatta di costituenti elementari, e quella che la massa di un oggetto sia la somma delle masse dei suoi "mattoni" mi sembrano strettamente collegate.

B: Hai perfettamente ragione: è per questo che prima ho parlato di qualcosa di più profondo. Quello che sappiamo oggi sulla costituzione della materia lascia molti dubbi sulla possibilità di parlare di "costituenti elementari": una volta c'erano gli atomi (gli indivisibili), poi si sono scoperti elettroni e nuclei, poi si sono visti i nucleoni dentro i nuclei, ora si parla di quarks, di gluoni (anche se nessuno li ha ancora visti)... E domani?

A: Ma ci saranno bene delle entità fondamentali, ultime, di cui tutto il resto è costituito!

B: Non è detto. E del resto c'è un'altra difficoltà. Torniamo al nostro mesone K: sai per caso come si spiega la sua struttura in termini di quarks?

A: Credo che un K, come tutti i mesoni (anche i pioni) sia composto di un quark e di un antiquark; ma non ho capito bene la storia dei sapori e dei colori...

B: Non importa. Dunque K0 = (q` q) e lo stesso vale per p+ e p-. Allora la (6) si legge:

(q _
q
 
) = (q _
q
 
) + (q _
q
 
).
Da dove vengono il nuovo quark e il nuovo antiquark? Questo è un fatto generale: le particelle non sono entità permanenti, inalterabili, neanche al livello dei quarks. Perciò è una fortuna che la relatività ci chieda di abbandonare l'idea della massa additiva. O meglio: di qui si capisce che una teoria della costituzione della materia deve per forza essere relativistica. Se la cosa ti lascia insoddisfatto, posso solo ripeterti una frase cara a Feynman: "This is the way things are" (è così che stanno le cose, così è fatto il mondo).

A: È strano: non mi sembra che abbiamo mai divagato, eppure ci troviamo un bel po' lontani dal punto di partenza...

B: II fatto è che quando si ragiona ogni cosa si lega alle altre. È qui che sta il bello (e anche il difficile) della fisica...

Gli argomenti di questo dialogo sono trattati in qualunque buon testo di relatività. Se proprio debbo dare un'indicazione (una sola) consiglio "Spacetime Physics" di Taylor e Wheeler (Freeman).