OPINIONI DI UN MARZIANO

 

Riferisco in merito a una vicenda svoltasi di recente sul pianeta Terra,  e credo destinata a sollevare importanti dubbi interpretativi quanto ai fondamenti e ai principi dell’organizzazione mentale e sociale della specie in esame.

Per collocare temporalmente l’evento dovrei indicarvi la data terrestre, ma la cosa è di per se complessa in quanto i Terrestri non hanno unità di misura comuni (e razionali) nemmeno per le grandezze fisiche più banali. Comunque secondo un sistema largamente diffuso alle latitudini intermedie dell’emisfero boreale si trattava del 9 luglio 2006. Quel giorno circa un quarto della popolazione terrestre (intendo quella umana, perché le altre specie dotate di sistema nervoso centrale non sembravano particolarmente interessate) si è improvvisamente bloccata davanti ad apparati trasmettitori di immagini che, contrariamente alla consueta babele di messaggi di scarso contenuto semantico inviati di solito da tali apparecchi, sembravano tutti sintonizzati sulla stessa emittente. Ho ovviamente assunto che si trattasse della diffusione di un’informazione di rilevanza mondiale, qualche definitivo accordo internazionale sulla riduzione dell’inquinamento e la protezione dell’ecosistema, la (improbabile) scoperta di una nuova fonte di energia o la notizia della minaccia di un asteroide. Gli apparecchi hanno invece cominciato a trasmettere le immagini di un gioco molto popolare da queste parti, in cui un certo numero di individui adulti (ne ho contati 25, ma alcuni non sembravano partecipare molto attivamente), con maglie di vari colori si disputavano a calci una palla multicolore, con l’obiettivo di farla entrare in una delle reti collocate ai bordi del campo. L’abbigliamento infantile, l’irrilevanza del proposito (peraltro assai raramente conseguito), la concitazione e il carattere, convenzionale ma apparentemente non del tutto condiviso, delle regole del gioco facevano indubbiamente pensare a un’attività ludica normalmente riservata a individui dall’incompleto sviluppo fisico e mentale.

Ma, come ripeto, la cosa pareva avere invece rilevanza planetaria.  I miei studi di storia terrestre mi hanno dapprima fatto immaginare che si trattasse della modalità solo moderatamente cruenta con cui veniva risolta una qualche importante disputa o conflitto internazionale. Ma è poi emerso chiaramente che l’unico obiettivo concreto dei contendenti consisteva nel conquistare un oggetto di assai rudimentale fattura, denominato coppa ma apparentemente del tutto inservibile a qualunque finalità di contenimento o trasporto di liquidi, e al quale era quindi necessariamente annesso un forte valore simbolico, forse legato comunque all’affermazione di un gruppo umano su un altro. Pare infatti  che un buon numero degli individui presenti sul campo potessero essere raggruppati in due “squadre” che, a giudicare dalle scritte in sovrimpressione, facevano riferimento a due delle cosiddette “nazioni” in cui la specie umana si raggruppa. Non date a questo vocabolo alcun significato riconducibile all’etimo: gli individui in questione appartenevano alle più diverse varietà, malgrado le “nazioni” di riferimento corrispondano a porzioni limitatissime della superficie terrestre (rispettivamente circa il 2 e il 3 per mille delle parti non allagate della stessa). Trovo bizzarro il fatto che, mentre tali varietà all’occhio, anche allenato, del marziano appaiono caratterizzate da differenze minime e non sostanziali, esse sono per i terrestri estremamente importanti in molte circostanze della vita (lavoro, accoppiamento) e in teoria servono proprio a individuare le “nazioni”. Anzi, proprio nelle due “nazioni” in oggetto le (quasi inosservabili) differenze presenti tra le popolazioni che vivono a (poco) differenti latitudini sono spesso oggetto di contese interne con conseguenze anche violente. Evidentemente quindi non si trattava di dimostrare la superiorità fisica di una “nazione” sull’altra, ma un qualche tipo di superiorità tecnica (economica, organizzativa, farmacologica, o forse “morale”, nella singolare accezione che i Terrestri danno a questo vocabolo).

Ho cercato di studiare il fenomeno con attenzione, anche se devo confessare che la noia mi ha a tratti travolto al punto da farmi perdere la necessaria concentrazione. Alcuni episodi mi sono però parsi talmente singolari da meritare una segnalazione specifica. In particolare, dopo pochissimo tempo, mentre due individui si disputavano con il consueto accanimento la palla, ne è intervenuto un terzo, abbigliato in modo un po’ diverso, ha sottratto loro l’oggetto del contendere e lo ha affidato a un quarto individuo, del tutto estraneo ai fatti, il quale, senza che nessuno osasse disturbarlo, si è comodamente piazzato a poca distanza da una delle reti, ha preso con calma la mira e ha inviato con un calcio la palla verso la rete. Malgrado la palla sia uscita, cosa che avrebbe fatto pensare a un insuccesso del tentativo (segnale dell’inettitudine dell’individuo, vista l’ampiezza della rete stessa), la cosa ha suscitato grande entusiasmo tra i suoi compagni di squadra. In seguito anche un individuo dell’altra squadra ha mandato la palla in una rete, ma con la testa anziché coi piedi. La cosa mi pareva molto irregolare, ma anche questa volta c’è stato da parte dei suoi compagni grande entusiasmo: forse per questi individui testa e piedi risultano equivalenti. Più tardi invece un individuo ha invece abilmente infilato la palla in rete con un regolare calcio, e la cosa è stata vista da tutti, ma non ha suscitato alcun entusiasmo né sembra aver avuto conseguenze sul resto del gioco. Ma le stranezze non sono finite qui. Quando il gioco è terminato, in condizioni di evidente parità, anziché compiacersi per il verdetto tranquillizzante hanno deciso di ricominciare, per fortuna questa volta per un tempo più breve. E qui si è avuto l’episodio più curioso: due individui, appartenenti a due squadre diverse, ma che evidentemente già si conoscevano, si sono a un certo punto estraniati dal gioco e hanno iniziato a conversare tra loro in una qualche lingua franca. Pare che l’argomento della conversazione fosse l’attività professionale della sorella di uno dei due individui, che secondo l’indimostrata opinione dell’altro sarebbe stata dedita allo svolgimento di riti d’accoppiamento con sostanziale abbreviazione della fase di corteggiamento, sostituita pare da una rapida transazione di tipo economico-monetario. Il tema, di per sé sociologicamente interessante, non pareva affatto adeguato alla circostanza, e la conversazione avrebbe dovuto essere subito interrotta, eventualmente con un semplice diniego se la notizia si fosse rivelata totalmente priva di fondamento. Forse per una difficoltà nel trovare i vocaboli adeguati in lingua franca, anziché dare qualche semplice spiegazione l’individuo-fratello ha preferito riprendere il gioco (cosa del resto ragionevole) dando una testata nello sterno al suo interlocutore. Per quanto detto prima sull’equivalenza testa-piedi, quest’azione mi è parsa del tutto in linea con le precedenti azioni, soprattutto calci negli stinchi, che avevano caratterizzato la disputa fino a quel momento. Ma l’individuo-non fratello ha assunto invece un atteggiamento vittimista e infantile (che peraltro già altri prima di lui avevano preso quando si sentivano osservati) ed à rimasto sdraiato al suolo in attesa di essere commiserato. L’individuo che un paio d’ore prima si era impadronito della palla per consegnarla proprio all’individuo-fratello si è di nuovo intromesso, e questa volta, anziché dare la palla all’altro per farlo smettere di lamentarsi, come si sarebbe fatto in un kindergarten su Marte, dopo una lunga pantomima ha cacciato dal campo l’individuo-fratello, facendo perdere a tutti un sacco di tempo e cambiando ancora una volta le regole del gioco, che mi pareva d’aver capito prevedessero un ugual numero di giocatori con maglia dello stesso colore. Poi finalmente anche questa seconda breve partita è finita, di nuovo in parità, e mi aspettavo che tutti andassero a casa. Niente affatto: hanno deciso di cambiare completamente gioco, e hanno cominciato a cercare a turno, uno alla volta, di tirare con un calcio la palla nella rete da distanza ravvicinata. Questo gioco è ancor più stupido del precedente, e per renderlo più vivace lasciano davanti alla rete un poverino, che deve ogni volta cercare di scansarsi per non beccarsi una violenta pallonata: devo dire che ci riesce quasi sempre, buttandosi abilmente dalla parte opposta a quella verso cui è diretta la palla. La cosa è ovviamente noiosa, perché quasi tutti riescono a mandare in rete la palla, per cui dopo poco si sono stancati e, quando il quinto di fila di quelli che avevano la maglietta azzurra ha fatto centro, altri che stavano ai bordi con magliette dello stesso colore sono corsi nel campo con la chiara intenzione di mettersi a giocare a loro volta, ma a questo punto la confusione era al massimo, non c’era verso di fare qualcosa di decente e quindi si sono finalmente rassegnati a smettere. Quando poi la vicenda pareva davvero conclusa, è successa tra gli spettatori disseminati sul pianeta una cosa ancor più incredibile. Ma di questo vi parlerò nella prossima relazione.