PROPOSTA
EDITORIALE
Paolo
Rossi, 22 Settembre 2006
Pochi metterebbero in dubbio l’importanza che una
conoscenza critica dei processi storici dovrebbe rivestire in una non mediocre
formazione culturale. Ma un ingrediente non marginale di tale conoscenza è
costituito dall’accesso diretto alle fonti storiografiche primarie. E tale
accesso è a sua volta condizionato dalla conoscenza del linguaggio nel quale le
fonti stesse sono scritte, linguaggio che per quasi due millenni di storia
dell’Europa occidentale è pressoché esclusivamente il latino.
A questo punto è fin quasi troppo
facile il paragone con il ruolo che ha la matematica in relazione all’accesso
alla conoscenza dei risultati nell’ambito delle scienze formalizzate. Ogni
opera di divulgazione, come sa chiunque l’abbia tentata, si scontra
pesantemente con la scarsa dimestichezza che molte persone anche colte hanno
con questa disciplina. Ma ciò è sempre più vero anche per la lingua latina: è
difficile immaginare che una persona di cultura anche medio-alta, ma che non
abbia mantenuto una consuetudine professionale, possa decidere di avvicinarsi a
un testo latino, tanto più se di carattere non strettamente letterario.
E tuttavia, quasi per paradosso, mentre
per la maggior parte dei testi di natura letteraria, anche di non straordinaria
rilevanza, sono disponibili ragionevoli traduzioni (con o senza testo a
fronte), lo stesso non si può certamente dire dei testi (in particolare
altomedievali) di natura storiografica, dei quali raramente esiste una versione
in lingua italiana.
Anche in questo campo misuriamo un
sensibile ritardo nei confronti di grandi paesi occidentali, nei quali la
traduzione critica dei testi storiografici altomedievali ha un’ormai lunga
tradizione, e la diffusione di tali testi tra i lettori non specialisti è
corrispondentemente molto più ampia che da noi. C’è forse un pregiudizio sulla
maggiore “facilità” del latino per il lettore italiano colto, o forse
semplicemente da noi è molto più alta la barriera tra la cultura accademica e
la cultura diffusa (che è comunque tutt’altro rispetto alla cosiddetta “cultura
di massa”).
Con queste premesse, non mi pare
insensata la proposta editoriale di creare una collana di traduzioni annotate e
commentate di testi storiografici, che copra organicamente soprattutto il
periodo nel quale è più macroscopica l’assenza di testi di facile accesso. Una
rapida ricognizione mostra che il periodo più drammaticamente inaccessibile è
quello che va dall’inizio dell’età carolingia al periodo delle Crociate: i testi
delle epoche precedenti sono ancora avvertiti come “classici” e sono quindi
spesso reperibili in traduzione, mentre a partire dal XIII secolo molta
storiografia nasce già in lingua volgare.
Nell’arco di tempo indicato il numero
dei testi di interesse storiografico, se ci si pone entro un orizzonte europeo,
è assai più elevato di quanto forse comunemente s’immagini, mentre i pochi
testi di cui già esiste una traduzione (da Eginardo a Liutprando, da Rodolfo il
Glabro a Guibert de Nogent), pur essendo forse i più interessanti da un punto
di vista letterario, rappresentano solo una minima parte del panorama
disponibile.
Proprio l’ampiezza del giacimento di
risorse testuali porta a immaginare, per l’avvio di un’iniziativa nel senso qui
indicato, un’ulteriore restrizione sia cronologica che qualitativa. Si potrebbe
partire con un piano di traduzioni incentrato sulla storiografia europea del X
secolo (una stagione per molti versi tanto poco conosciuta quanto decisiva
della storia continentale), selezionando comunque in prima battuta i testi più
significativi per ambito e per rilevanza della materia.
Non bisognerebbe a mio avviso pensare a
edizioni critiche dei testi originali, che costituirebbero impresa ben più
impegnativa; per la maggior parte dei testi esistono già edizioni autorevoli,
anche se talvolta un po’ datate, ma del tutto adeguate per i propositi di
questo progetto.
In via del tutto preliminare accludo un
elenco di titoli di grande rilevanza specifica, dei quali non esiste alcuna
versione italiana, e che potrebbero costituire il punto di partenza per la
definizione di un primo catalogo virtuale. I titoli sono raggruppati in tre
cicli che potrebbero costituire una sorta di sotto-collane ancor più
tematizzate, per la prima delle quali propongo nel seguito anche una breve
presentazione specifica
A) NASCITA DELL’EUROPA FEUDALE
Flodoard di Reims, Annales
(919-966)*
Richer di Reims, Historiae
(888-998)*
Gerbert d’Aurillac, Lettere
(983-997)
Adalbéron di Laon, Carmen ad
Rotbertum regem
Adso di Montier-en-Der, De Ortu et
Tempore Antichristi
*di questi
testi è già disponibile in bozza la traduzione curata e annotata dallo
scrivente
B) L’ITALIA DEL SECOLO DI FERRO
Ausilio, In defensionem sacrae
ordinationis papae Formosi
Anonimo, Gesta Berengarii
Imperatoris
[Liutprando
di Cremona, Antapodosis (888-949)]
Benedetto di Sant’Andrea del Monte
Soratte, Chronicon (800-1000)
Ugo di Farfa, Destructio Farfensis (890-998)
C) GRANDI CRONACHE DEL X SECOLO
Reginone di Prüm, Chronicon (incluso
il Continuator Reginonis dal 906 al 967)
Vitichindo di Corvey, Rerum gestarum
Saxonicarum (fino al 973)
Thietmar di Merseburg, Chronicon
(fino al 1018)
Adémar de Chabannes, Chronicon,
libro III (814-1028)
[Rodolfo il
Glabro, Storie (900-1044)]
[esistono
già versioni italiane pubblicate dei testi in parentesi, pur fondamentali per
il percorso narrativo]
NASCITA DELL’EUROPA FEUDALE
(presentazione)
Molte fonti storiografiche relative al
X secolo trovano, forse per un accidente della storia, il loro principale punto
di riferimento nella città di Reims, che è metropoli religiosa e per molti
aspetti anche civile del regno dei Franchi occidentali, lentamente avviato a
trasformarsi nell’embrione della Francia moderna, ma è anche una finestra
costantemente aperta su quanto accade al di là della Mosa (e al di là del
Reno), ed è una stazione della Francigena in permanente contatto con gli
eventi d’Oltralpe e di Oltremanica.
Leggere quelle fonti significa quindi
collocarsi in un osservatorio privilegiato, dal quale tutta la vicenda politica
e sociale del secolo è traguardata, certamente in una prospettiva particolare,
che produce effetti di deformazione dovuti alla maggiore o minore distanza (non
solo fisica) dai luoghi e dagli avvenimenti, ma al quale non sfuggono dinamiche
che vanno dall’Anglia a Roma, ma anche dalla frontiera di Spagna a quella
Slava, e al quale pervengono più o meno sistematicamente anche i segnali di
flusso e riflusso della triplice invasione Normanna, Ungara e Saracena.
Breve presentazione dei titoli
proposti:
1) Flodoard di Reims, Annales
(919-966)*
Nello stile annalistico, tradizionale
dell’epoca, e con l’accuratezza di un onesto, ma non per questo spassionato,
testimone oculare, è narrato un periodo di avvenimenti drammatici per il quale
le fonti si rarefanno fino a giungere, non raramente, all’unicità. La storia
politica della Francia di questo periodo, come noi la conosciamo, è in parti
sostanziali una rilettura critica del testo di Flodoard
2) Richer di Reims, Historiae
(888-998)*
Sul modello della più classica
storiografia latina (Sallustio), anche se spesso con scarsa attenzione al
rigore documentario, quest’opera, giuntaci in un unico manoscritto autografo
ritrovato a Bamberg nel XIX secolo, rappresenta la documentazione singolare e
spesso esclusiva di un passaggio cruciale e mal conosciuto della storia europea
3) Gerbert d’Aurillac, Lettere
(983-997)
Questo testo, di natura in sé non
storiografica, rappresenta tuttavia una testimonianza preziosa e straordinaria
dell’intreccio dei grandi avvenimenti contemporanei di Francia, Germania ed
Italia con le vicende personali di uno dei massimi protagonisti della seconda
metà del X secolo (che concluse la sua carriera come Silvestro II, il papa
dell’anno Mille)
4) Adalbéron di Laon, Carmen ad
Rotbertum regem
Adso di Montier-en-Der, De Ortu et
Tempore Antichristi
Il primo testo è un opera scritta in forma di
componimento poetico, ma che rappresenta anche la prima testimonianza scritta
del formarsi dell’ideologia politica che oggi identifichiamo comunemente come
“medievale”, e in particolare della teoria dei tre ordini della società.
Il secondo (breve) testo è forse
l’unica vera attestazione contemporanea delle idee e delle preoccupazioni che
diedero poi origine alla più tardiva leggenda dei “terrori dell’anno Mille”