Note di traduzione

 

 

La traduzione è stata condotta sulla recentissima (e ottima) edizione curata da H.Hoffmann per M.G.H. (Richer von Saint-Remi, Historiae, Hannover 2000), che ha, tra gli altri, lo straordinario pregio di essere accompagnata dal facsimile del manoscritto autografo di Richer (Staatsbibliothek Bamberg, Msc. Hist. 5). Non abbiamo però perso di vista né l’originale edizione Pertz (Richeri historiarum libri IIII, Hannover 1839), né soprattutto l’edizione Latouche (Richer, Histoire de France (888-995), Paris 1930, 1937), corredata da una sostanzialmente valida traduzione francese.

Come scelta generale e di principio si è optato per una traduzione “di servizio”, che risultasse il più possibile fedele non soltanto allo spirito ma anche alla lettera e alla struttura sintattica del testo originale. Ciò ha inevitabilmente comportato una perdita di scorrevolezza, in quanto la sintassi di Richer risente molto dei suoi modelli classici (e in primo luogo, ma non soltanto, Sallustio) e abbonda in costrutti involuti, alcuni dei quali (come le prolessi del relativo e gli ablativi assoluti) abbiamo comunque dovuto di necessità sciogliere.

Il manoscritto di Richer è costellato di annotazioni e correzioni di pugno dell’autore. Poiché non si tratta di un’edizione critica, abbiamo ritenuto inutile richiamare nelle note tutte le correzioni e le modifiche a carattere purameente ortografico e sintattico, mentre ci è parso opportuno dar conto in modo sistematico di quelle variazioni (anche minori) che, avendo rilevanza semantica, sembrassero indicare un mutato atteggiamento dell’autore di fronte all’argomento trattato

Un discorso a parte merita la questione della traduzione dei nomi propri. Per i nomi geografici abbiamo sistematicamente adottato la forma locale moderna, italianizzata solo nei pochi casi per i quali esiste un uso consolidato, per cui l’espressione in lingua originale sarebbe parsa leziosa.

Per quanto invece riguarda i nomi propri di persona, se da un lato sarebbe risultato impossibile procedere in modo generalizzato alla sostituzione con il corrispettivo italiano, anche perché in molti casi di nomi inusitati e arcaici non esiste una forma italiana corrispondente e accettata, dall’altro lato l’adozione della forma in uso nella lingua attualmente parlata nella regione di riferimento avrebbe potuto risultare per più aspetti mistificante: in primo luogo le forme moderne sono spesso tardive, e quindi comunque non corrispondenti  al “parlato” del X secolo; inoltre in molti casi di frontiera (ed è proprio il caso di gran parte della Belgica) l’attribuzione di una nazionalità etnica e linguistica moderna è operazione controversa, talvolta ideologica, comunque con tutta probabilità anacronistica.

Alternativamente si sarebbe potuto in questi casi mantenere la forma latina del nome, ma ci è parso che tale scelta di rigore filologico avrebbe contrastato con l’esigenza di una lettura “moderna”, e avrebbe comportato per coerenza l’adozione della stessa misura nei confronti di tutti i (moltissimi) sostantivi per i quali la forma moderna comprime inevitabilmente la specificità semantica del vocabolo contestualizzato nel X secolo: basti pensare a tutti i termini indicanti una carica politico-militare, o alle indicazioni di geografia antropica, per non parlare del lessico relativo ai capitoli in cui si parla di medicina, di filosofia o di astronomia.

Come scelta intermedia e di immediata leggibilità abbiamo optato per l’adozione della forma italiana per tutti quei nomi che, a causa della grande mobilità del ceto feudale, hanno finito per diffondersi (e quindi trovare corrispettivi) dalle regioni originarie all’intera area europea occidentale. Soltanto per alcuni nomi di religiosi (quasi tutti tedeschi), privi di un vero corrispettivo italiano e più tipicamente legati all’area territoriale di provenienza, si è scelto di adottare la forma più vicina all’uso attuale della lingua parlata nella sede di riferimento. Abbiamo esteso questa scelta anche ad alcuni personaggi-chiave (diversi arcivescovi di Reims, oltre a Richer e Flodoard), citati spesso anche nei saggi introduttivi, per evitare in quella sede l’effetto di arcaismo derivante dalla forma italianizzata dei nomi. La forma latina e le eventuali traduzioni alternative sono sempre comunque indicate nelle note.