REGOLAMENTO PER I RICERCATORI IN FORMAZIONE (A TEMPO
DETERMINATO)
(Paolo
Rossi – 25 Febbraio 2004 – Collegio dei Direttori)
LE MOTIVAZIONI
- In primo luogo l’esigenza di trovare
strumenti per affrontare la transizione 2004-2008 nel reclutamento del
personale docente, in presenza dell’effetto concomitante di limitate risorse di
turnover (40 punti di budget per anno nei prossimi 3 anni) e dei vincoli
derivanti dal superamento del 90% del FFO dell’Ateneo negli impieghi per
personale a tempo indeterminato.
L’effetto congiunto e’ il rischio
concreto di non poter bandire piu’ di una decina di posti annui di ricercatore
in tutto l’Ateneo (35% del turnover), e oltretutto a patto di non bandire
nessun altro tipo di concorsi.
- In secondo luogo l’esigenza di
individuare meccanismi di riequilibrio di responsabilita’ nel
reclutamento tra le Facolta’ e i Dipartimenti, finora formalmente pressoche’
esclusi dal processo di individuazione del futuro personale
docente-ricercatore.
LA SOLUZIONE
- Si tratta di una figura
tendenzialmente sostitutiva, non aggiuntiva, rispetto all’attuale
precariato, in particolare rispetto agli assegni di ricerca, il cui ambito
d’uso dovrebbe essere severamente limitato e
di cui dovrebbe essere rigorosamente escluso il rinnovo. L’accesso a
regime dovrebbe essere immediatamente successivo al conseguimento del
dottorato.
- Si tratta di una figura soggetta alla
normativa del lavoro subordinato (in contrapposizione alla formula
attuale, di tipo co.co.co.), con le relative tutele di tipo giuridico,
previdenziale e assicurativo, con retribuzione e normativa ancorate a quelle
dei ruoli esistenti (ricercatore non confermato) e conformita’ alla normativa
europea del lavoro a tempo determinato, cosi’ come recepita dalla nostra
legislazione piu’ recente (D.lgs. 368/2001).
- Il regolamento impone una rigida programmazione
degli sbocchi (max 120% dei posti che le Facolta’ nell’ambito della propria
programmazione si impegneranno a bandire nell’arco di tempo corrispondente, ovvero
3 anni dopo i bandi a tempo determinato). La possibilita’ di estensione del
contratto a t.d. e’ considerata eccezionale (soggetta ad approvazione del
Senato) ed e’ prevista solo come elemento di tutela rispetto all’eventualita’
di improvvisi blocchi nelle assunzioni (dovuti a leggi Finanziarie o a
cambiamenti dello stato giuridico)
- La copertura delle risorse
necessarie all’attivazione di queste posizioni deve essere assicurata
dall”Ateneo, nel quadro della programmazione, e pertanto non dipende dalle
maggiori o minori risorse finanziarie disponibili nei differenti settori
- La gestione del processo di
reclutamento a t.d. e’ modellata in analogia con i concorsi per ricercatore ma
e’ interamente affidata ai Dipartimenti.
ESTRANEITA’ AL DISEGNO MORATTI
Sono totalmente differenti:
-
la tipologia del rapporto di lavoro (dipendente
anziche’ autonomi)
-
la durata del rapporto (3 anni con sbocco anziche’
5+5 senza sbocco)
-
la programmazione degli sbocchi
-
l’ancoraggio alla terza fascia, anche negli
sbocchi, anziche’ la sua abolizione
A riprova ulteriore si veda
l’articolato progetto ADI, [http://www.dottorato.it/docs/] di origine
chiaramente non istituzionale ne’ governativa, ma che mostra sostanziali punti
di convergenza, talvolta fino al dettaglio, con il regolamento approvato dal
Senato accademico di Pisa.
URGENZA DELLA RATIFICA
- Il processo di programmazione e’
complesso, articolato e lento, poiche’ coinvolge tutti gli organi istituzionali
dell’Ateneo (Senato, CdA, Dipartimenti e Facolta’ (per gli sbocchi). Occorre
attivare tale processo molti mesi prima
del momento in cui si vuole effettivamente bandire la prima tornata di
posti.
- Occorre pensare per tempo ai
meccanismi di finanziamento, tenendo conto del fatto che al momentto non esiste
nemmeno un’apposita posta di bilancio. Partendo oggi si potra’ essere operativi
soltanto nel 2005, e ritardando sara’ anche peggio.
- Esiste gia’ una generazione di
assegnisti che sta per essere definitivamente esclusa dal processo di reclutamento
accademico, con un danno materiale e culturale gravissimo per la nostra
istituzione, anche a volersi disinteressare del destino personale dei singoli.