DEFINIZIONE DEL FABBISOGNO DOCENTE MINIMO DI FACOLTA`

 

 

PREMESSA

 

La logica dell'autonomia e quella della riforma universitaria impongono un'attenzione di tipo nuovo nei confronti degli aspetti non solo culturali, ma anche logistico-organizzativi, dell'offerta didattica.

In particolare è necessario un impegno di analisi anche quantitativa di due aspetti fondamentali e tra loro strettamente complementari: da un lato l'adeguatezza dell'offerta didattica rispetto alle richieste che vengono dall'utenza studentesca e dalla realtà sociale e dall'altro l'adeguatezza della dotazione di personale docente rispetto alle strutture didattiche esistenti e/o progettate.

Quest'analisi si dovrebbe poi tradurre in concreto nella definizione di parametri e di indicatori quantitativi che, opportunamente interpretati, permettano di dare una risposta per quanto possibile oggettiva ad alcune domande che nascono in questo contesto, e che in sintesi possono essere formulate nel modo seguente:

a) quali e quanti corsi di studio dovrebbero essere attivati, e quali e quanti insegnamenti dovrebbero essere sdoppiati, o moltiplicati, nell'ambito di ciascuna classe di corsi di studi di un determinato Ateneo, se l'obiettivo è quello di ottimizzare il rapporto tra domanda e offerta didattica?

b) qual è il numero minimo di docenti necessario, in ciascuna Facoltà di un determinato Ateneo, per sostenere in modo efficiente ed efficace un'offerta didattica ottimizzata sulla base delle risposte alla domanda precedente?

Nel seguito proporremo un modello formalizzato, di facile implementazione pratica, in grado di suggerire una risposta precisa e articolata alle domande precedenti.

 

La nostra analisi trova il suo punto di partenza in un fondamentale contributo prodotto dal Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, il documento DOC 6/2001 "Interventi di sostegno per l'avvio della riforma dei corsi di studio", recepito a livello legislativo nel D.M. 23 aprile 2001 n.96, con particolare riferimento all'Allegato 2, che viene a complementare una precedente elaborazione del Comitato stesso (DOC 3/98 sui criteri di riequilibrio nella ripartizione del F.F.O.).

Le due novità più importanti introdotte nel documento DOC 6/01 sono le nozioni, che in seguito approfondiremo, di numero standard di studenti per corso di studi di una determinata classe e di docenza necessaria per il funzionamento di un corso di studi.

Nel modello proposto dal Comitato entrambe le nozioni summenzionate vengono definite quantitativamente, su una base sostanzialmente empirica e alla luce di un'analisi statistica accurata dell'intero sistema universitario italiano.

È facile riconoscere i pregi intrinseci di quest'analisi, che sono il suo carattere oggettivo, la consistenza logica e metodologica delle procedure adottate e proposte e il carattere di universalità delle possibili applicazioni. Può essere opportuno tuttavia ricercare più sofisticati strumenti d'intervento la cui applicazione corrisponda non soltanto alle caratteristiche sopra indicate, ma anche all'esigenza di indirizzare e programmare le scelte in conformità a modelli culturali predefiniti ed esplicitati. In particolare occorre segnalare, tra i limiti più profondi della metodologia proposta dal Comitato, un eccessivo appiattimento su alcune specificità della situazione esistente, quali il rapporto docenti/studenti nelle differenti aree e il legame con il numero attuale dei docenti nei singoli Atenei, oltre a una certa rigidità nella valutazione del fabbisogno di personale docente.

 

Prima ancora di entrare nel dettaglio dell'analisi delle proposte che verranno avanzate in questa sede, vogliamo quindi anticiparne gli elementi più qualificanti, anche in relazione alle critiche sopra avanzate.

Per quanto riguarda la definizione del numero standard di studenti (immatricolati) per corso di studi, appare importante in primo luogo predefinire valori ottimali di tali numeri standard, sia in termini assoluti (con riferimento alle esigenze generali di una didattica attenta a favorire maggiori opportunità di comunicazione tra docenti e studenti e di conseguenza una maggiore efficacia del processo formativo), sia soprattutto, in un contesto di risorse in ogni caso limitate, in termini relativi (con riferimento alle peculiarità della didattica nelle differenti aree  scientifico-disciplinari, anche tenendo conto di analisi preesistenti sia a livello nazionale che a livello europeo e internazionale).

Già a prima vista emerge in tale contesto l'opportunità di ridurre la forbice attualmente esistente tra corsi di studio con un numero elevatissimo di immatricolati e corsi con pochissimi immatricolati, forbice che figura innegabilmnte tra le concause (anche se certamente non l'unica e non necessariamente la principale) del tipico divario di produttività didattica tra i corsi del primo gruppo e quelli del secondo.

Per quanto riguarda invece la valutazione della docenza necessaria, lo schematismo dell'analisi del Comitato riduce tale valutazione alla definizione di un numero standard universale di docenti per corso di studi. Risulta invece opportuno tenere presenti le peculiarità dei diversi settori (fabbisogno di esercitazioni di laboratorio, numero di crediti liberi, etc ) che possono essere oggettivate mediante uno studio attento delle tabelle ministeriali relative ai requisiti minimi di ciascuna classe.

Applicando poi a ciascuna Facoltà di un determinato Ateneo un'analisi di questo tipo, risulterà possibile:

a) dal confronto del numero degli immatricolati effettivi per ciascuna classe di corsi di studi  con il numero standard di studenti per quella classe, inferire il numero ottimale di corsi di studio attivabili in quella Facoltà in relazione alla domanda sociale

b) dal numero di corsi di studio attivabili, tenendo conto del numero standard di docenti per classe, calcolare la soglia minima di docenza necessaria in quella Facoltà per sostenere efficacemente l'impegno didattico richiesto.

La conoscenza del numero ottimale di corsi attivabili e della soglia minima di docenza necessaria forniscono a loro volta agli organi di governo e di gestione della Facoltà e dell'Ateneo la possibilità di programmare

a) piani di attivazione dei corsi di studio (e/o di sdoppiamento degli insegnamenti) più funzionali all'effettiva domanda didattica

b) piani di utilizzo delle risorse di personale docente e di ripartizione delle nuove risorse che corrispondano più puntualmente alle esigenze della didattica pianificata.

 

 

 

VALUTAZIONE DELLA DOCENZA MINIMA NECESSARIA PER UN CORSO DI STUDI

 

La valutazione della docenza minima necessaria a un corso di studi standard per una data Classe di corsi di Laurea è metodologicamente abbastanza semplice, anche senza ridursi al rigido schematismo del documento del Comitato che si limita ad attribuire 18 docenti (senza contare i ricercatori) a ciascun corso di studi che superi la soglia minima di studenti necessaria per l'attivazione incentivata.

Negli ordinamenti è infatti definita, per ciascuna classe, la percentuale minima di tempo (T) che deve essere riservata al lavoro autonomo e individuale dello studente. Se ne può quindi facilmente inferire un parametro percentuale P=1-T che, moltiplicato per le 25 ore di un credito standard, determina il numero massimo di ore per credito che può essere dedicato a lezioni ed esercitazioni, e più in generale a tutte le attività didattiche che richiedono la partecipazione diretta del personale docente.

Per la determinazione del numero totale dei crediti su cui effettuare il calcolo sono tutttavia necessarie due ulteriori precisazioni: si devono sottrarre i crediti (approssimativamente 28, ma non gli stessi per tutte le classi) che sono riservati alle attività formative di tipo d)(a scelta), e)(prova finale), f)(altre), e si devono invece aggiungere i crediti riservati, per alcune classi, ad attività di laboratorio e assimilate (con un limite superiore di 30 crediti, per evitare anomalie). Quest'ultima operazione corrisponde alla plausibile assunzione, basata sul significato operativo del credito, che il carico di lavoro docente sia per questo tipo di attività mediamente doppio che per un corso cattedratico standard.

In tutte queste operazioni si è ritenuto opportuno mantenere il riferimento ai soli ordinamenti nazionali onde evitare gli elementi di soggettività e il rischio di forzature interpretative legate a specifiche scelte locali e di area.

I valori dei tre parametri, ricavati per ciascuna classe, sono riportati nell'Allegato I

Occorre a questo punto definire in ore il carico didattico medio per docente. Seguendo le indicazioni del Comitato Nazionale, appare ragionevole, sull'ipotesi di una situazione a regime di 120 ore annue per docente, attribuirne in media 60 al corso di laurea triennale, riservando una quota equivalente al corso di laurea specialistica in congiunzione con il dottorato.

A questo punto si può ricavare il numero minimo di docenti per corso di studi triennale dalla relazione

Docenti = P*(180+Lab-Lib)*25 / 60

 

dove Lab è il numero dei crediti di laboratorio (max 30) , Lib è il numero dei crediti liberi e P è la percentuale del tempo dedicata alle attività didattiche che coinvolgono direttamente i docenti.

Si noti bene che, essendo  tutte le tipologie di erogazione della didattica frontale ricomprese a pari titolo nella parametrizzazione precedente, non ha qui senso distinguere tra ordinari e associati da un lato e ricercatori dall'altro, e pertanto nella nozione di Docente qui utilizzata le tre categorie sono accomunate.

A sostanziale verifica della coerenza della procedura vale menzionare il fatto che il risultato medio così ottenuto per il numero di docenti e ricercatori per corso di studio (pari a 28.6  docenti) è molto vicino al valore che si otterrebbe semplicemente aggiungendo al numero di professori ipotizzato dal Comitato (18) un congruo numero di ricercatori (pari almeno al 50% dei professori).

La conversione in punti di budget, ove necessaria, si ottiene (assumendo come è nei fatti una distribuzione sostanzialmente equipartita tra le tre fasce) semplicemente moltiplicando il numero dei docenti per il coefficiente (2.91+2.22+1.28)/3 = 2.137

Il risultato di queste operazioni è anch'esso presentato nell'Allegato I

Rimane aperto il problema della stima del numero minimo dei docenti nell'area medica, per i quali occorrerebbe quantificare in unità commensurabili alle precedenti l'impegno di natura non didattica ma ineludibilmente legato ai particolari impegni e doveri dei docenti del settore. In prima applicazione si potrebbe comunque prendere come valore di riferimento il più alto dei valori minimi di classe di cui all'Allegato I, che è un numero notevolmente più elevato della media.

 

 

VALUTAZIONE DEL NUMERO OTTIMALE DI CORSI DI STUDIO ATTIVABILI

 

La definizione del numero standard di studenti (immatricolati)  per corso di studi viene ottenuta, nel documento  DOC 6/2001, con una procedura che, a partire dal numero medio di studenti immatricolati nei corsi di studio di ciascuna classe nell'A.A. 1999/2000 (media nazionale), consiste sostanzialmente nell'arrotondamento al multiplo di 50 più vicino a tale valor medio. A parte l'arrotondamento, la principale correzione proposta rispetto a una pura ratifica dell'esistente consiste nel limite superiore di 300 studenti per corso di studio  fissato dagli estensori del modello. L'attribuzione dei vecchi corsi di studio alle nuove classi viene effettuata sulla base di una tabella di corrispondenza appositamente costruita. Il riferimento agli studenti immatricolati, anziché alla totalità degli iscritti, serve a sgombrare il campo da ogni alterazione nella misura della domanda di formazione indotta dalla variabilità nei tempi di studio e dalle modalità dell'attuale organizzazione didattica dell'Università, proprio mentre ne è in corso una radicale trasformazione.

Abbiamo già sottolineato che questa definizione costituisce un'importante innovazione concettuale, perché per la prima volta introduce nella programmazione quantitativa delle risorse un parametro globale, il corso di studi, il cui costo non può essere ridotto alla somma dei costi delle singole attività didattiche che vi si svolgono, e perché mediante la quantificazione del numero standard assicura un importante correttivo all'arbitrio che potrebbe presiedere all'attivazione di nuove proposte didattiche

È però chiaro dalla procedura sopra descritta che nessuna sostanziale correzione viene proposta rispetto allo statu quo del rapporto studenti/docenti nelle differenti aree. È poi evidente che il tetto di 300 studenti, oltre a essere didatticamente opinabile, risulta addirittura superiore alla vecchia e già assai elevata soglia di 250 studenti che era necessario superare per giustificare la richiesta di sdoppiamento delle cattedre.

Assumendo comunque la proposta del Comitato come una griglia di riferimento e una prima schematica base di calcolo, si propone in questa sede di raffinare l'analisi valutando il parametro "numero standard di studenti" non su base puramente statistica ma tenendo conto di alcuni ulteriori presupposti metodologici.

 

A nostro parere il rapporto ottimale docenti/studenti, deducibile dal quoziente del parametro "numero standard di docenti per classe" con il parametro "numero standard di studenti per classe", dovrebbe essere tale da garantire, una volta mediato sulle classi appartenenti alle macroaree culturali omogenee (giuridica, economico-sociale, umanistica, scientifico-tecnologica, medica) il rispetto di rapporti predeterminati ("pesi") che riflettano le specificità didattiche, organizzative e di ricerca delle aree stesse.

Il raffronto tra le analisi contenute nel documento DOC 3/98, alcune situazioni europee ed extraeuropee e alcune esperienze specifiche pregresse porta a ritenere che un insieme di valori plausibili per questi pesi (posto convenzionalmente a 1 il valore per l'area giuridica) non debba discostarsi troppo dalla seguente tabella:

 


Area delle scienze economico-sociali

1.25

Area umanistica

1.5

Area scientifico-tecnologica

2.5

Area medico-sanitaria

4


In tale valutazione vanno a confluire, oltre le considerazioni sopra elencate, anche elementi di giudizio eterogenei quali la differente efficienza didattica legata alla presenza di numeri chiusi o programmati (che porta ad alzare considerevolmente il peso nei settori caratterizzati in tal senso) e anche l'opportunità di rafforzare l'offerta didattica in settori nei quali la domanda di formazione proveniente dal sistema produttivo sia significativamente più elevata.

In ogni caso si ritiene opportuno fissare il valore massimo del numero standard di studenti a 200, nella convinzione che tale valore rappresenti già un limite oltre il quale ogni ipotesi di didattica realmente interattiva sarebbe destinata a essere vanificata dalle esigenze della logistica.

È bene notare a tale proposito che il modello del Comitato assume in realtà il valore di 300 studenti come valore di riferimento puramente virtuale, in quanto il valore ottimale effettivo risulta in tale modello dalla combinazione del parametro "numero standard di studenti" con un parametro legato al numero dei docenti, che fotografa le potenzialità del singolo Ateneo in termini di personale docente effettivamente in servizio e che finisce  col ridurre il numero ottimale degli studenti per corso di un fattore all'incirca pari a 1.3 rispetto al numero standard, di fatto allineandolo ai valori massimi qui proposti. Sembrerebbe tuttavia improprio, nella logica "virtuosa" del modello che si viene a proporre, assumere il numero dei docenti esistenti come indicatore utile ai fini di una definizione di tipo progettuale, anche se è evidente che in sede operativa non si potrà in alcun modo prescindere, nella graduazione degli interventi, dalle risorse umane e professionali già effettivamente disponibili.

È quasi superfluo a questo punto ribadire che anche in questo caso, come in tutti i fenomeni sociali, un'analisi puramente quantitativa trova un suo limite interno, prima ancora che negli elementi di differenza qualitativa che risultano dalle diversità geografiche, storiche, economiche, sociali, proprio nella variabilità statistica e nelle imprecisioni sistematiche di rilevazione degli indicatori. In tale prospettiva ogni pretesa di precisione superiore al punto percentuale può essere immediatamente dismessa come arbitraria o infondata.

Avendo in mente queste limitazioni, ha senso individuare e proporre formule semplificatrici che, pur recependo tutte le critiche e le osservazioni sopra elencate, permettano di abbreviare le procedure di calcolo pervenendo a relazioni semplici e di immediata utilizzabilità. In tal senso, e dopo verifica empirica di validità, è parso ragionevole proporre, come prima approssimazione all'implementazione delle premesse metodologiche sopra definite, la seguente relazione definitoria per il numero standard di studenti per corso per ciascuna classe:

A partire dai valori proposti dal Comitato si procede a dimezzare per ogni classe la differenza da 100 del numero standard di studenti immatricolati, secondo la tabella:

 

Comitato

Proposta

300

200

250

175

200

150

150

125

100

100

50

  75

 

adottando il valore 50 solo nei casi in cui la media effettiva risulta inferiore a tale valore.

Tale schema, ovviamente perfettibile, ha il pregio della semplicità operativa e la caratteristica di riprodurre, a livello di Facoltà, i pesi relativi tra le Aree definiti in precedenza con un'approssimazione che può definirsi molto buona, alla luce delle considerazioni precedenti.

Anche in questo caso esiste una difficoltà legata all'area medica, per la quale in presenza del numero chiuso non ha senso parlare di numero standard di immatricolati e occorre invece fare riferimento a un "numero programmato di immatricolati" e quindi di corsi di studi attivati.

 

 

 

DETERMINAZIONE DEL FABBISOGNO DOCENTE MINIMO DI FACOLTA`

 

La determinazione del fabbisogno docente minimo di Facoltà è ora possibile generalizzando la procedura indicata per gli Atenei dal Comitato Nazionale per la Valutazione.

Per ogni Facoltà si elencano i corsi di laurea attivati, raggruppandoli per Classi, e calcolando per ciascuna Classe il rapporto tra il numero degli immatricolati effettivi e il numero standard di immatricolati relativo alla Classe in esame, come determinato in Allegato II. Tale rapporto viene approssimato all'intero più vicino, non importa se superiore o inferiore, e il risultato corrisponde al numero di corsi standard incentivabili nella Classe in esame.

Quando per una Classe si ottiene un numero maggiore di quello dei corsi effettivamente attivati, questa è una forte indicazione della necessità di effettuare sdoppiamenti di corsi d'insegnamento per migliorare l'efficienza didattica, o di immaginare un'effettiva scomposizione dei corsi esistenti in più corsi di studi qualora se ne ravvisi l'opportunità culturale.

Viceversa quando per una Classe il numero ottenuto è minore di quello dei corsi attivati, si ha l'indicazione di un sostanziale sottodimensionamento della popolazione studentesca rispetto ai costi necessari per mantenere attivati tutti i corsi. Un risultato di tal genere, se persistente nel tempo, suggerirebbe l'opportunità di disattivazioni, a meno che esigenze culturali o sociali del tutto particolari non raccomandino il mantenimento dell'offerta didattica esistente.

E` chiaro che la procedura sopra indicata potrebbe essere anche applicata separatamente ai singoli corsi di laurea, per verificarne caso per caso la sostenibilità "teorica". Si potrebbero in questo modo trarre utili indicazioni al fine di decidere quali offerte potenziare e quali depotenziare.

In ogni caso la somma dei corsi di studio "attivabili" (secondo questa definizione) per ciascuna Facoltà rappresenta un valore mediato su più corsi e classi, e quindi notevolmente stabile sia rispetto a modificazioni della procedura di calcolo che rispetto a dinamiche reali quali flussi di spostamento degli interessi studenteschi all'interno di una determinata area o anche rispetto a trend generali di calo o di crescita delle immatricolazioni, almeno in un arco di tempo non troppo lungo.

A questo punto, moltiplicando ciascun corso "attivabile" per il rispettivo fabbisogno minimo calcolato in Allegato I e sommando i risultati per tutte le classi di pertinenza di ciascuna Facoltà si ottiene il "fabbisogno minimo di Facoltà".

Nell'allegato III viene riportata, a scopo puramente esemplificativo, l'applicazione dello schema di calcolo sopra descritto al caso dell'Università di Pisa (immatricolazioni A.A. 2000/2001).

I numeri ottenuti con questa procedura sono nel complesso coerenti, a livello di Ateneo, con le valutazioni del Comitato, e questo nonostante le modifiche apportate ai parametri, a riprova di una sostanziale stabilità (e quindi attendibilità) dell'algoritmo rispetto a piccole perturbazioni.

Risulta pertanto solidamente giustificata la proposta di assumere i valori di fabbisogno minimo così ottenuti come soglie di funzionamento, che non dovrebbero essere violate anche da procedure di riequilibrio basate su differenti presupposti e pertanto non sempre convergenti agli stessi valori.

Deve risultare tuttavia chiaro che, mentre un posizionamento al di sotto del minimo indica una situazione di sicura sofferenza didattica, un valore anche significativamente sopra il minimo potrebbe corrispondere, nel quadro di una differente procedura di valutazione, a una configurazione di sostanziale equilibrio grazie all'azione compensativa di altri parametri (il numero totale degli studenti, l'efficienza didattica e scientifica) che non sono in alcun modo inclusi nella determinazione del valore di soglia.

 

 

CONSEGUENZE OPERATIVE

 

Assumendo i risultati sopra ottenuti come valori di riferimento per la definizione del livello minimo di funzionamento per ciascuna Facoltà, è possibile trarne alcune indicazioni operative immediate.

1. Le Facoltà che si trovano al di sotto della propria soglia minima non dovrebbero essere oggetto di alcun prelievo di risorse, anche in presenza di pensionamenti, promozioni o trasferimenti.

2. Per quei settori in cui la nuova offerta didattica dovesse incontrare una significativa risposta da parte dell'utenza le soglie potrebbero variare nel tempo, elevandosi anche sensibilmente al di sopra dei valori attuali. Ogni operazione di riequilibrio dovrà quindi essere preceduta da una verifica dei livelli di soglia, effettuata basandosi sugli stessi principi e meccanismi ma che incorpori i nuovi valori dell'affluenza studentesca.

3. I futuri riequilibri si dovrebbero quindi effettuare per quanto possibile soltanto sulla base di nuove risorse acquisite dall'Ateneo, individuando per esse meccanismi di distribuzione che riguardino essenzialmente soltanto le Facoltà sotto soglia, e che operino in misura proporzionale alla  distanza dalla soglia e al numero di docenti dell'area interessata.

4. Qualora si decida di applicare un prelievo a quelle Facoltà che si trovino al di sopra della propria soglia minima, si raccomanda che tale prelievo sia comunque al massimo percentualmente pari, per ciascuna Facoltà interessata, alla misura dell'eccedenza di personale rispetto al valore di soglia (eventualmente corretto verso l'alto nel caso di surplus frazionario di immatricolati rispetto al numero di corsi attribuiti). Dovrà poi essere prevista una restituzione (in tutto o in parte) del prelievo stesso a quelle aree il cui valore di soglia si sia nel frattempo modificato in senso positivo.

5. Il calcolo delle soglie minime è fondato sul  presupposto che la domanda complessiva di formazione universitaria sia direttamente collegata e quindi proporzionale alla domanda iniziale. Di conseguenza la programmazione del numero e del tipo delle lauree specialistiche e dei dottorati non potrà prescindere dalle valutazioni quantitative incorporate in tale calcolo, e il personale docente destinato a  tali attività dovrà essere reperito nell'ambito della docenza programmata per i corsi di laurea, nelle proporzioni cui si è già fatto riferimento in precedenza. Solo in circostanze eccezionali e sulla base di una rigorosa motivazione il fabbisogno di personale docente per le lauree specialistiche potrà diventare un parametro per la definizione delle soglie minime di Facoltà.

 

Allegati